Problems and Purpose
"Confronto pubblico - Passante di Bologna" è il titolo di un percorso di consultazione che riguarda il potenziamento del sistema autostradale e tangenziale dell'area metropolitana di Bologna. Con l’accordo del 15 aprile 2016, tra Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Autostrade per l'Italia SpA (ASPI), Comune di Bologna, Città Metropolitana di Bologna, Regione Emilia-Romagna, considerato che “l’attuale sistema infrastrutturale [autostradale e tangenziale di Bologna] presenta un elevato livello di congestione e quindi un deficit di capacità stradale” [...] si “pone quindi l’obiettivo di risolvere una criticità trasportistica di livello nazionale e di migliorare l’accessibilità viaria di livello metropolitano stabilendo le condizioni e gli impegni delle parti per:
- la realizzazione del potenziamento in sede a tre corsie per senso di marcia più emergenza dell’A14 e le complanari, prevedendo tratti a quattro corsie per senso di marcia più emergenza;
- rigeometrizzazione degli svincoli delle complanari;
- l’individuazione delle opere finalizzate al miglioramento dell’adduzione del sistema autostradale/tangenziale;
- le soluzioni avanzate di mitigazione ambientale e di miglioramento dell’inserimento territoriale e paesaggistico” (MIT-a, 2016, p. 3).
All’art.3 bis dell’Accordo si affronta l’impostazione di un “Confronto pubblico e comitato di monitoraggio” (Ib., p.5). “Trattandosi di un progetto che consolida la presenza di un’importante infrastruttura all’interno del territorio urbano, ASPI svilupperà [...] il progetto preliminare [...] al fine di attivare un Confronto pubblico” [...] che “consisterà nella presentazione al territorio, nelle modalità e nei tempi che saranno concordate tra le Parti, delle soluzioni progettuali individuate nel progetto preliminare, attraverso illustrazioni pubbliche e attività di coinvolgimento dei cittadini o di istituzioni tecnico scientifiche (univerisità, ordini professionali, etc.) favorendo la proposizione di idee che consentano di raccogliere i vari contributi premiando le migliori soluzioni. [...] Per supportare tale fase [...] dovranno essere individuate da ASPI, di concerto con le altri parti, specifiche professionalità con comprovata esperienza nel confronto pubblico. Le parti costituiranno un Comitato di Monitoraggio tecnico scientifico, coordinato dal Ministero - al quale parteciperà un rappresentante di ciascuna parte - che dovrà inoltre valutare eventuali contributi derivanti dal Confronto pubblico, individuando gli eventuali interventi di miglioramento nei principi fissati” dall’Accordo “e fermo rimanendo una sostanziale invarianza del costo complessivo dell’iniziativa. A tal fine ASPI entro il 30 giugno 2016 presenterà il Progetto preliminare” [...] e “la fase di Confronto pubblico dovrà terminare entro il 31 ottobre 2016” (MIT-a, 2016, p. 5-6).
Il progetto è stato presentato il 22 luglio 2016 in Consiglio Comunale di Bologna e si è chiuso il 16 dicembre 2016 nella Sala del Consiglio della Città Metropolitana (l’ex Provincia).
Background History and Context
Storia dell'infrastruttura Passante di Bologna: Sinossi
Dal 1958 al 1970 Bologna diventa uno dei principali nodi del sistema dei trasporti italiano [1]. Al già attivo snodo ferroviario si aggiungono le autostrade A1 (Milano-Firenze), A14 (Ancona) e A13 (Padova). Complanare ad esse vengono realizzate due carreggiate a scorrimento veloce per il traffico locale.
Tali autostrade, costruite dalla Società Autostrade negli anni ’60 hanno manifestato tutte negli anni ’80 (con la sola eccezione della A13) fenomeni di congestione dovuti all’incremento eccezionale dei volumi di traffico con conseguente caduta nei “livelli di servizio” a valori molto inferiori di quelli originari (Provincia di Bologna, 2003, p. 3-1, cit.).
Dopo 30 anni di onorato servizio, la Tangenziale “complanare” nel tratto a nord della città ha cominciato a manifestare crescenti fenomeni di congestione soprattutto nelle due carreggiate laterali urbane (oggi ormai intollerabili), con notevole aggravamento dell’inquinamento dell’aria a causa dei gas di scarico incombusti alle basse velocità, ma soprattutto con il dirottamento di sempre maggiori aliquote di traffico urbano che vanno ad intasare ed inquinare maggiormente la viabilità interna cittadina: strade radiali, viali di circonvallazione, ecc... (Ib.).
Attualmente il nodo è attraversato da circa 180.000 veicoli al giorno ed è dunque fra le principali fonti di inquinamento del Comune di Bologna (Ib., p. 3-17).
In trent'anni, dal 1986 al 2016 ci sono stati diversi progetti per il suo potenziamento. Con il passare del tempo, i progetti accrescevano le dimensioni del nodo e le ramificazioni dell'infrastruttura e al contempo crescevano la sua indesiderabilità e le opposizioni. Finché tutto torna come negli anni ottanta, comprese le conquiste partecipative che le amministrazioni rosse avevano adottato. Bologna è stata per anni una città simbolo della pubblica amministrazione comunista italiana che ha attratto la curiosità di molti studiosi in tutte le scienze umane , sia per la gestione del bene pubblico con una particolare attenzione ai bisogni e alla ridistribuzione della risorse, sia per le sue strategie di costruzione del consenso e di mediazione con gli avversari che affidavano maggiore responsabilità ai cittadini.
Nella sezione che segue si offre una breve e non del tutto completa rassegna delle innovazioni democratiche partecipative che sono state promosse dalle gestioni bolognesi dal dopoguerra ad oggi. In quelle successive, si passa alla descrizione di come delle innovazioni democratiche scadute siano state somministrate al pubblico per assecondare la gestione affaristica di una infrastruttura (quasi privata), sempre più percepita come una minaccia dalla popolazione.
Storia della partecipazione pubblica a Bologna: Dalle giunte rosse al post-comunismo
Dal dopoguerra il Comune di Bologna è sempre stato governato da giunte “rosse” guidate dalla solida maggioranza del Partito Comunista Italiano, che fino alle elezioni del 1995 rimane granitica. Questa era si contraddistingue per importanti innovazioni riguardanti la trasparenza e la partecipazione democratica, con la creazione di strumenti di consultazione decentrata per recepire le istanze dei cittadini sui servizi pubblici (i consigli popolari) e impostare la tassazione secondo un principio di progressività (consulte tributarie), che dai rioni - negli cinquanta e sessanta, in forte espansione demografica - dovevano confluire alla Giunta guidata dal sindaco Giuseppe Dozza. In sintonia anche con la DC bolognese, guidata da Giuseppe Dossetti, nel 1960 vengono istituiti i quartieri, che disponevano di propri Consigli con funzioni consultive e di monitoraggio sull’operato dell’amministrazione. Dal 1966 l’amministrazione guidata da Guido Fanti potenzia ulteriormente le attività e le funzioni dei quartieri, con l’intento di farli evolvere in “centri civici”, non solo sedi politiche e tecniche ma anche luoghi di espressione sociale e culturale della zona.
In seguito l’amministrazione Zangheri introdusse un regolamento per definire le funzioni dei quartieri, affidandogli maggiori competenze decisionali, vennero inoltre previste le assemblee cittadine con ruolo consultivo, le petizioni, il referendum consultivo cittadino, l’inchiesta d’opinione, i consigli di zona. Dal 1985, con la Giunta di Renzo Imbeni, vengono introdotte ulteriori incrementi democratici, sia l’elezione diretta dei consigli di quartiere da parte dei residenti, le cariche di Presidente e vicepresidente del consiglio, e ne vengono rafforzate le competenze consultive e propositive e la competenza su varie voci di investimento riguardanti i servizi pubblici locali e la manutenzione. Nel 1984 viene promosso il primo referendum cittadino sulla limitazione del traffico motorizzato privato nel centro storico di Bologna, in cui quasi il 70% dei bolognesi si dichiarerà a favore. Per la prima volta in Italia, a Bologna vengono create alcune zone a traffico limitato. Tuttavia solo dopo 20 anni si sono presi alcuni provvedimenti un po’ più incisivi in tal senso.
Con la crisi dei partiti tradizionali (scandalo di Tangentopoli) e l’abbandono del comunismo come fine, sebbene ancora presente nelle proprie radici, con la creazione del PDS, Partito Democratico di Sinistra, inizia una nuova era politica. La svolta avvenne proprio in un circolo del PCI del quartiere Bolognina nel 1989 e si concretizzò più tardi nel 1991. Venne poi introdotta con legge nazionale, l’elezione diretta dei sindaci (L. 81/1993) che nel 1995 a Bologna vede prevalere ancora una volta il candidato PDS, Walter Vitali, già assessore agli affari istituzionali nell’amministrazione uscente. Venne approvato lo Statuto Comunale e il regolamento sui diritti di partecipazione e informazione e quello sul decentramento. Inoltre venne utilizzato il referendum su due temi: la privatizzazione delle farmacie comunali e il rifacimento della stazione ferroviaria su progetto dell’arch. R. Bofil. A questo referendum, non coincidente, come il precedente del 1984 con le elezioni europee, la partecipazione fu scarsa; il 37% di affluenza, non raggiungendo il quorum del 50%, non fu sufficiente per rendere vincolante l’esito. L’amministrazione dunque, nonostante la netta contrarietà di coloro che avevano partecipato al referendum privatizzò le farmacie, ma non proseguì il progetto della nuova stazione. Un’ulteriore innovazione fu l’introduzione nel 1998 dell’Istruttoria pubblica, una sorta di mini dibattito pubblico, ossia un dibattimento organizzato aperto al pubblico che prevede il contraddittorio tra posizioni diverse. Inoltre a Bologna, sul finire degli anni novanta si fa esperienza dei primi processi partecipativi promossi dalla Agenda 21 Locale, il programma di partecipazione locale alle questioni ambientali globali lanciata alla Conferenza di Rio del 1992, che utilizzava lo strumento EASW (European Awareness Scenario Workshop).
Nel 1999, la continuità della tradizione rossa però si interrompe, con la sconfitta, al ballottaggio, della candidata a sindaca Silvia Bartolini, da parte del candidato di centro-destra Giorgio Guazzaloca. E lì forse si chiude anche quella tradizione identitaria, culturale e amministrativa, che aveva cercato di resistere più a lungo che altrove, ma ormai da un po’ di tempo non riusciva più a riprodurre quel modello riformista che si era organizzato coerentemente in tutta la regione emiliano-romagnola (Bonora, 2004).
Storia della partecipazione pubblica a Bologna: Global, No-Global, Comitati
Sono gli anni dell’ottimismo neoliberista-globalista (a tutte le scale), che aprono la strada alla privatizzazione dei servizi, all’esternalizzazione del lavoro, alla tecnologia telematica senza riduzione del lavoro, anzi con straordinari forzati, flessibilità e precarietà; alla rincorsa della finanziarizzazione e all’immobiliarismo, cause poi della crisi globale. Fondamentali a questo disegno sono le politiche urbanistiche deboli atte a favorire il mercanteggio immobiliare, il clientelismo e la corruzione, dunque la rendita fondiaria. Proprio quella forma di capitalismo pre-industriale che fu il principale avversario del riformismo emiliano-romagnolo popolare, mutualistico e cooperativo, non solo comunista, ora diventa uno dei suoi principali core-business, che, come un narcotico mutageno, trasforma il cooperativismo attraverso un processo di aziendalizzazione di cui non rimane che un’immagine, fatta di loghi, brand e mission (Ib.). Poco poterono i movimenti dal basso e le associazioni su vari fronti (dall’ambiente alla pace) che si davano appuntamento ai primi Social Forum globali. Il comitatismo, nato in Italia sul finire degli anni settanta, fu una reazione che si diffuse enormemente negli anni novanta e ottenne un certo riscontro, seppure pulviscolare: i ceti medi, soprattutto su base territoriale (residenti della stessa via, piazza, rione o quartiere) autonomamente, anch’essi fuori da partiti e parrocchie, iniziano ad auto-organizzarsi spontaneamente sulla base di questioni precise, circostanziate, ma talvolta anche complesse (per contrastare le misure di chiusura del traffico, come per incrementarle, dai lavori della ferrovia ad Alta velocità, ai comitati dei pendolari, dal camino inquinante al degrado urbano e, come vedremo, al potenziamento della tangenziale), mettendo in campo competenze e alleanze trasversali, in grado di mobilitare risorse importanti e ostacolare, se non interrompere, talvolta, le decisioni dell’amministrazione pubblica o dei suoi apparati funzionali. Inizia a manifestarsi anche una certa ansia per la crescente immigrazione, che i municipi preferirebbero evitare e perciò tendono a mantenere ad un livello professionale e sociale subalterno e marginale (Ib.).
Nel tentativo di sanare la rottura nella tradizione rossa viene chiamato Sergio Cofferati, ex-segretario della CGIL. Nel 2004 vince le elezioni al primo turno con il 56%, dopo un anno di campagna elettorale in cui costruisce con modalità partecipative il proprio programma, coinvolgendo varie associazioni e cittadini. Nel suo programma - realizzato pochi anni dopo i Social Forum di Porto Alegre (2001) e Firenze (2002) - iniziano a circolare parole chiave ed esperienze che saranno sempre più diffuse, elaborate e successivamente istituzionalizzate.
Bologna ha urgente bisogno di un grande investimento in democrazia. La partecipazione democratica deve diventare il fondamento di un nuovo modo di governare, anche attraverso strumenti quali il bilancio partecipativo e l'urbanistica partecipata [2].
Con Cofferati inizia a Bologna una fase di sperimentazione intensa, guidata dall’assessore Virginio Merola, oggi sindaco al secondo mandato, ma soprattutto una stagione di dibattiti e confronti sul tema alla quale parteciparono tutte le agenzie cittadine. Nel 2007 infatti venne promulgata, in Toscana, la legge regionale n.69/2007 sulla partecipazione e nel 2008, su iniziativa del consigliere Ugo Mazza (Sinistra democratica) iniziò l’iter per una proposta di legge analoga, ma strutturata diversamente, relativa all’Emilia-Romagna (legge regionale n. 3/2010).
Vengono avviati 19 processi partecipativi, il più importante fu il piano urbanistico a lungo termine, il Piano Strutturale Comunale, che venne avviato nel 2007 con una serie di forum cittadini e poi alla scala di quartiere con diversi laboratori di progettazione. Fu avviato anche un percorso, su richiesta del Centro culturale islamico, relativo alla costruzione di una moschea per i praticanti di fede islamica, ma nonostante l’esito della prima fase fosse approvato dal Consiglio la seconda fase fu interrotta (Marchetta, 2016, p. 92). Grande assente fu l’annunciato e mai organizzato Bilancio Partecipativo. Con Cofferati la partecipazione venne declinata in forme più attive, non aspettando la mobilitazione popolare, non affidandosi alle forme istituzionalizzate, non limitando l’ascolto ai soggetti organizzati e il suo diritto ai soli cittadini italiani, ma gli errori e gli eccessi di manipolazione, forse dovuti ad un eccesso di cautela, non passarono inosservati. Inoltre Cofferati si distinse per rigidità proibizionista e per la sua andata i bolognesi non hanno nostalgia.
Storia della partecipazione a Bologna: Crisi e partecipazione scaduta
Dopo la breve parentesi Delbono, interrotta quasi subito per uno scandalo, vince le elezioni (nel 2011) al primo turno Virginio Merola, già assessore all’urbanistica nella Giunta Cofferati e referente per la gran parte dei percorsi di partecipazione. Nella campagna elettorale dunque i suoi annunci in tal senso non si sprecano, citando addirittura un Forum di cittadini selezionato a campione e rimborsato [3] che si esprime sulle scelte dell’amministrazione, di cui non si saprà più nulla dopo le elezioni (Lewanksi, 2016, p. 185). Con l’amministrazione Merola, i processi partecipativi aumentano (25 processi in 5 anni) ma soprattutto sono più strutturati (con metodologie codificate internazionalmente) e sono curati (in 9 casi) da professionisti del settore (Ib., p. 96). Si tratterà in gran parte di micro-progetti di urbanistica di quartiere. Durante il suo primo mandato partono processi come quello sul Piano Strategico e quello sulla Città Metropolitana. Quest’ultimo, promosso da Laboratorio Urbano (un think tank bolognese sui temi della città guidato dall’ex-sindaco, senatore Walter Vitali) e finanziato dalla legge regionale sulla partecipazione (l.r. 3/2010) - e perciò certificato dal Tecnico di garanzia regionale della partecipazione - si svolge nel 2013 e nei primi mesi del 2014; i suoi esiti saranno poi, in gran parte, disattesi, visti gli effetti della legge statale “Delrio” n. 56 del 7/4/2014 e comunque la scarsa attenzione da parte della nuova autorità metropolitana. I richiami alla partecipazione e al “dibattito pubblico” (art. 8 c. 6) nell’effettivo Statuto della Città Metropolitana, anch’esso entrato in vigore durante il primo mandato Merola, nel dicembre 2014, avrebbero potuto essere già disciplinate da un apposito regolamento che invece ad oggi (22/2/17) non è ancora stato redatto (Marchetta, 2016, p. 138). Così come non sono ancora chiarite le modalità di attuazione del Bilancio partecipativo più volte annunciato e addirittura inserito nello Statuto Comunale (Ib., pp. 102 - 103), e non presente nel programma di mandato.
Da notare che alle elezioni del 2009 compaiono i candidati del Movimento 5 Stelle (M5S) che raggiungono il 3% ma nessun seggio in Consiglio, nel 2011 invece con il 9,5% ne ottengono 2 e nel 2016, con il 16,6% ne ottengono 4. Anche la Lega Nord cresce. Presente alle elezioni dal 1990 non era mai riuscita, fino al 2009, ad andare molto oltre al 3%, mentre nel 2011 e 2016 ottiene un risultato di poco superiore al 10%.
La storia della progettazione del Passante
La questione del potenziamento della tangenziale risale alla fine degli anni ottanta, quando la Giunta Imbeni (nel 1986) progetta di allargarla da 2 a 3 corsie. Dapprima i residenti della zona di San Donnino si opposero dando vita ad un comitato spontaneo, ad essi poi si aggiunsero le altre zone attraversate dalla strada e altre voci critiche della città, “tanto che la allora Giunta Imbeni giunse alla determinazione di abbandonare il progetto per lo studio di altre soluzioni” [5]. Sarebbe su questo punto interessante andare a ricostruire nel dettaglio cosa successe, per comprendere cosa fece spostare o rimandare le decisioni già prese dalla Giunta Imbeni.
Il progetto del potenziamento in sede viene riproposto negli anni successivi ma viene abbandonato nell’agosto del 2002 (durante la Giunta Guazzaloca, di centro-destra) con un accordo tra MIT, enti locali e ASPI per la realizzazione della “terza corsia dinamica”, ossia l’utilizzo occasionale della corsia d’emergenza nei momenti di forte congestionamento, e di un progetto di ampliamento fuori sede, ossia un nuovo passante autostradale che interessava un’area molto più ampia a nord di Bologna, per un tracciato di circa 40 Km, chiamato “Passante Autostradale Nord”. Anche in questa occasione, nel 2003, nasce ed inizia ad organizzarsi un comitato tra i residenti dei 12 comuni della cintura metropolitana bolognese che ripropone un progetto alternativo che riguarda l’allargamento in sede dell’attuale infrastruttura [6]. Il Passante Nord viene comunque inserito nel Piano di Coordinamento Territoriale Provinciale (PTCP) nel 2004 e sarà sottoposto ad una lunga fase progettuale e negoziale. La disputa si complica con l’ingresso della Unione Europea e con i vari cambi di vedute che si succedono negli anni, nelle amministrazioni locali. Ad ASPI vengono richieste modifiche e nuovi studi, come un nuovo tracciato relativamente più breve. Nel luglio 2014 viene trovata parzialmente un’intesa e sottoscritto un accordo tra gli attori e i comuni, che verrà poi smentito da due sindache del territorio che non ritengono di essere state sufficientemente coinvolte, Irene Priolo e Claudia Muzic (Marchetta, p. 111). Verrà istituito un nuovo “tavolo metropolitano Passante Nord” che, coordinato dalla Provincia, coinvolge tutti i sindaci. Nel frattempo, dalla lunga presidenza regionale, Vasco Errani (ex PCI, PDS e forse tra poco ex PD)[7], al suo terzo mandato, nel settembre 2014, si dimette perché condannato per falso ideologico (verrà poi assolto nel giugno 2016) [8]. Gli succederà Stefano Bonaccini, sostenitore del neo-Presidente del Consiglio Matteo Renzi, che inaugurerà un nuovo corso nel PD regionale. La posizione di Bonaccini non è favorevole al Passante Nord (Ib., p.112). Il 25 gennaio 2015, a un mese dall’insediamento della nuova Giunta, giunge una lettera al neo Presidente della Regione da parte dei sindaci del tavolo in cui si esprime una netta contrarietà all’opera per come era stata progettata e si chiedono nuove modifiche e studi di fattibilità. La lettera è inviata anche al Sindaco della Città Metropolitana di Bologna, il nuovo ente creato con la legge “Delrio” 54/2015. Il suo sindaco Virginio Merola è nominato per legem, quale sindaco della città capoluogo. La delega alle infrastrutture sarà affidata a Irene Priolo, sindaca di Calderara di Reno e già contraria al Passante Nord (Marchetta, pp. 111-112). Si genera così una catena relazionale che da mette in connessione su più scale tutte personalità del PD che vogliono "sbloccare l'Italia", in fretta, dal premier Renzi, al suo ministro Delrio, fino al livello locale [12]. In febbraio, Bonaccini, Merola e Priolo, archivieranno definitivamente il progetto del Passante Nord e il 15 aprile 2016 viene sottoscritto l’accordo per il potenziamento in sede del passante attuale, chiamato anche, da Merola, "Passante di mezzo" (Ib., p.113).
Organizing, Supporting, and Funding Entities
I promotori sono i firmatari dell’Accordo che a loro volta compongono il Comitato di Monitoraggio, l’autorità decisionale che dovrà poi recepire o meno le risultanze del processo (MIT-a, 2016). Il finanziatore è Autostrade per l’Italia SpA (ASPI) che ha il compito di assegnare gli incarichi ai professionisti coadiuvanti la progettazione e ai curatori del processo di Confronto pubblico. Nella pagina web dei “Numeri” sono presentati molti dati, ma non vengono menzionati né i costi relativi al progetto né quelli relativi al percorso di Confronto Pubblico [4]. La cura del percorso è stata affidata dal Comitato di Monitoraggio ad Andrea Pillon e al suo staff di Avventura Urbana SrL di Torino, che avevano già collaborato con ASPI in occasione del Dibattito Pubblico sulla Gronda autostradale di Genova, tra il 2008 e il 2009. A Genova il supervisore del Dibattito fu il prof. Luigi Bobbio - mentore della società Avventura Urbana - che a Bologna invece è un membro "imparziale" del comitato scientifico (link 1). Nella Relazione conclusiva si esplicita che il costo dell’opera è di 650 milioni di euro di cui 260 milioni riguardano le opere di mitigazione e adduzione (Pillon, 2016, p. 39). Si precisa che ricorrere alla legge regionale 3/2010 e alle sue strutture non è obbligatorio ma è un'opportunità che offre una certificazione di qualità e coerenza con la linea politica regionale di qualificazione delle esperienze di partecipazione. Non ci sono state richieste, da parte del proponente né degli enti né del curatore, al Tecnico di garanzia regionale (vedi Cap. “Storia e geografia”) né concernenti la certificazione offerta dallo stesso rispetto al modello di partecipazione sostenuto dalla legge regionale 3/10 né concernenti un qualche tipo di consulenza.
Participant Recruitment and Selection
0. Nella fase preparatoria e di progettazione del percorso, il curatore ha effettuato interviste (50) e colloqui di concertazione con il Comitato di Monitoraggio. Non ci sono informazioni accessbili sull'elenco dei soggetti intervistati o verbali relativi a questa fase.
1. Iniziato il confronto pubblico, nella sua prima fase, gli incontri di presentazione sono aperti a tutti. Si dichiara che “il confronto pubblico è un percorso aperto a tutti i cittadini” (link 1). Probabilmente con “cittadini” si intendono - utilizzando il suo significato più generico - quegli individui, che comprendono e parlano l’italiano, che sono interessati alla questione e si avvicinano ad essa dopo averne visto gli annunci o il passaparola.
2. Nella seconda fase di confronto, negli incontri di approfondimento, sono stati coinvolti come interlocutori privilegiati, 25 esperti. 7 sono stati indicati dal proponente (ASPI); 5 sono dirigenti di settori tecnici indicati dalle istituzioni coinvolte; 5 sono esperti indicati da da attori favorevoli all'opera (p.e. il comitato contro il Passante Nord - vedi storia della progettazione del Passante); 8 esperti sono stati indicati dagli attori contrari (Pillon, 2016, p. 70). Questo bilanciamento è basato su valutazioni non dichiarate e appare del tutto arbitrario. Agli incontri potevano partecipare tutti ma solo come uditori, senza possibilità di interloquire, se non per via scritta e risposta differita.
3. Nella terza fase sono stati realizzati dei laboratori di quartiere riservati ad un numero ristretto di cittadini per elaborare le proposte progettuali di mitigazione e inserimento paesaggistico. I partecipanti a questi laboratori sono stati reclutati già nella prima fase di presentazione del progetto con un appello rivolto ad ogni tavolo di discussione di cittadini in cui si chiedeva di individuare un referente. Su 59 candidature iniziali, hanno poi partecipato in 45 (Pillon, 2016, p. 66). Assieme a questi cittadini suddivisi in 4 gruppi, c'erano i tecnici del proponente, 3 presidenti di quartiere, l'Assessore metropolitano alla mobilità Priolo e all'ambiente Orioli (ib., p. 70). Questo gruppo ha presenziato tutte le fasi del Confronto (Pillon, 2016, pp. 63 - 72).
Il comitato scientifico (link 1), chiamato in altre relazioni “Comitato di esperti” (Pillon, p. 63) è composto da 7 esperti: 4 individuati dagli enti locali e dall’Università di Bologna e 3 indicati dai comitati contrari alla realizzazione dell’opera. Alcuni suoi membri, hanno partecipato agli incontri pubblici della prima e seconda sessione, con interventi in qualità di esperti, sia tra quelli a favore che tra i contrari (Pillon, 2016, pp. 63-72).
Dei rappresentanti del Comitato di Monitoraggio che hanno sempre partecipato agli incontri, mancano solo quelli del Ministero: i dirigenti e i tecnici ASPI (da 6 a 12); la Priolo e la Orioli (politici Città Metropolitana), i presidenti dei 3 quartieri più coinvolti (Comune), in qualità di esperti all'incontro di approfondimento come delegati delle istituzioni locali (Regione e Città Metropolitana) hanno partecipato 2 dirigenti pubblici di settore tecnico. Non risulta che membri del Ministero abbiano presenziato gli incontri (Pillon, 2016).
Chiunque inoltre, singolo individuo o organizzazione, poteva inviare al percorso un documento con le proprie osservazioni, chiamato “quaderno degli attori” come nel caso del Débat Public (Ib. p. 71).
Methods and Tools Used
Il Dèbat Public (Dibattito Pubblico), talvolta chiamato "Dibattito pubblico alla francese", anche nei documenti di questo caso in esame, è stato introdotto, con una legge, dal governo francese nel 1994. In seguito alle virulenti proteste delle popolazioni locali contro il tracciato della linea ad alta velocità (TGV) Lione-Marsiglia, il governo francese decise che la progettazione delle grandi opere dovesse essere sottoposta preventivamente a un dibattito pubblico tra tutti i soggetti interessati. Con la legge Barnier del 1994, parzialmente modificata nel 2002, fu istituita un autorità indipendente denominata Commission Nationale du Débat Public (CNDP), che ha il compito di aprire il dibattito pubblico su tutti i progetti preliminari di grandi infrastrutture che posseggono determinati requisiti. Il dibattito dura quattro mesi e concerne non solo le caratteristiche del progetto, ma anche l'opportunità di realizzare l'opera. Il Dibattito pubblico è preceduto da un ampia campagna informativa, caratterizzata da informazioni pluraliste; ad esso partecipano tutti i cittadini, le associazioni e i gruppi che lo desiderano. Si apre poi una fase di contraddittorio, di solito attraverso incontri pubblici, oltre a forme scritte (Les Cahiers des Acteurs - I Quaderni degli attori). Al termine del dibattito pubblico il presidente della commissione redige un rapporto in cui illustra gli argomenti pro e contro emersi nel corso dei quattro mesi. Entro tre mesi dalla pubblicazione del rapporto, il proponente dell'opera deve comunicare se intende mandare avanti il suo progetto, modificarlo o ritirarlo. La procedura di Débat Public risente di una eccessiva indeterminazione degli esiti, e non si applicano, di solito, strumenti di misura della rappresentatività delle preferenze.
Ci sono state valide contestazioni al fatto che questo caso sia stato più volte presentato dal curatore come un "Dibattito Pubblico alla francese", confondendo i cittadini per la somiglianza e la sinonimia terminologica nel senso comune (Lewanksi, 2017, p. 3). Inoltre, il metodo adottato nel caso in esame è stato propagandanto come miglioratore del Débat grazie ad "alcune importanti innovazioni metodologiche" (Pillon, p. 66). Lewanski (2017) fa notare che oltre a numerose incongruenze, come la tempistica, l'assenza di opzioni alternative (opzione zero o altri tracciati) relative all'opportunità della realizzazione dell'opera, la non condivisione del quadro informativo con la mancata inclusione di informazioni pluraliste, le pretese innovative - riguardanti gli incontri di approfondimento con gli esperti - sono inconsistenti e comunque non incrementano la democraticità del modello francese ma la riducono (2017, pp. 3 - 9).
What Went On: Process, Interaction, and Participation
Il progetto del percorso è stato impostato nelle seguenti fasi:
- Fase preliminare preparatoria (giugno 2016)- analisi della rassegna stampa; analisi della documentazione tecnica; analisi del conflitto. In questa fase l’unica interlocuzione con gli attori in campo è stata di tipo esplorativo, sono state realizzate 50 interviste, finalizzate ad individuare gli interessi, le principali preoccupazioni e a prospettare le posizioni che sarebbero emerse nel processo. Non vengono fornite informazioni sui contenuti di questa fase. Non viene menzionata alcuna disponibilità a concordare le modalità di svolgimento del percorso con gli attori in campo.
- Fase di progettazione del percorso (giugno-luglio 2016) - è stata definita "la governance del percorso" che è stata concertata solo con il Comitato di Monitoraggio.
- Fase di confronto (settembre-novembre 2016) - secondo i curatori, essa è stata progettata seguendo “lo schema tipico del Dibattito pubblico alla francese [Débat Public] con alcune importanti innovazioni metodologiche” (Pillon, cit. p. 66).
“Ad ulteriore garanzia che i principi di trasparenza e responsabilità nell’ascolto dei cittadini siano rispettati, è stato insediato un Comitato scientifico autorevole e indipendente, che svolge la funzione di supervisione e controllo del Confronto pubblico” [9].
“Il Comitato di esperti si è riunito 4 volte: un primo incontro tecnico di illustrazione del progetto è stato organizzato l’1 settembre a cui sono seguite tre riunioni il 7 settembre, il 3 e il 18 ottobre; agli ultimi due incontri hanno partecipato anche gli esperti indicati dai comitati contrari alla realizzazione dell’opera” (Ib., p. 64). Non è chiarito se per volontà loro o perché tale reclutamento sia avvenuto in itinere.
Fase di Confronto
La fase di confronto vera e propria inizia il con la presentazione del dossier di progetto il 22 luglio in Consiglio Comunale. Il dossier di progetto, con i relativi dati, è stato redatto solo dal Comitato di Monitoraggio, cioè in particolare dal proponente e dal suo staff. Non sono state prodotte altre pubblicazioni con un quadro di informazioni inclusivo di più fonti e punti di vista. Da quel momento viene messa a disposizione la documentazione tecnica, che viene presentata in un sito web dedicato (passantedibologna.it) e in uno angolo espositivo presso l’Urban Center oltre a diverso materiale stampato fornito agli interessati. Tutto il materiale informativo sul progetto e anche molte pagine dedicate semplicemente al confronto (link 1), sono costruite chiaramente a sostegno delle posizioni dei proponenti, quasi in forma propagandistica.
Come nel Dibattito Pubblico francese è stata data poi la possibilità di inviare documenti scritti: sono stati redatti 23 “quaderni degli attori” alle cui critiche e proposte si è cercato di rispondere (Pillon, p. 71).
1. Presentazione del progetto
Dal 7 al 14 settembre partono gli incontri di presentazione del percorso, distribuiti nelle 5 aree interessate dal tracciato. Ogni incontro sarà articolato in: a) presentazione del progetto preliminare, b) discussione dei cittadini suddivisi per tavoli (con facilitatori), c) domande ai progettisti e agli amministratori.
Sono state registrate 700 presenze in 5 appuntamenti. Negli incontri sono emersi almeno 386 quesiti suddivisibili in 9 macrotemi ed è stato dato spazio a 6 interventi a cura del Coordinamento dei comitati contro la realizzazione dell’opera, 2 da parte del Comitato per l’alternativa al Passante Nord (l’opera accantonata) e 1 intervento dell’Associazione Il Cerchio Verde.
I contenuti hanno riguardato i seguenti temi (Ib. p. 68): 21% - inserimento paesaggistico e ambientale dell’opera; 18% - caratteristiche dell’infrastruttura; 16% - possibili alternative all’ampliamento; 12% - impatto sulla salute dei cittadini; 9% - dati di traffico presentati; 8% - costi dell’opera, indennizzi ed espropri; 8% - confronto pubblico; 4% - cantierizzazione; 4% - opere di adduzione.
2. Incontri di approfondimento
Dopodiché dal 24 settembre al 15 ottobre sono stati organizzati 4 incontri di approfondimento sui temi di maggior interesse emersi già nella fase di progettazione e confermati dagli incontri di presentazione: scenari di traffico; ambiente e salute; qualità urbana ambiente e paesaggio; la gestione dei cantieri. Sono state registrate 313 presenze che hanno ascoltato il confronto tra 25 esperti, senza poter intervenire però. I cittadini infatti potevano partecipare ma soltanto come auditori; se avevano domande di chiarimento o obiezioni potevano inoltrarle in forma scritta alle quali sarebbe seguita una risposta differita (Lewanski, 2017, p. 12). La struttura dell'incontro prevedeva infatti: l'illustrazione del tema da parte del proponente; la presentazione degli interventi critici; il contraddittorio tra esperti e proponente (Pillon, 2016, p. 69).
Tra gli argomeni emersi nel terzo incontro sulla qualità urbana, ambientale e paesaggio un professore di architettura, critico dell'opera, ha parlato di interramento dell'infrastruttura così come hanno fatto alcune città statunitensi con il programma "Highways to Boulevard" (Boston, Chicago, San Francisco), la Città di Seul (Pillon, p. 18) e Madrid. Questi interventi hanno come obiettivo l'eliminazione delle cesure e la riconnessione di ampie parti di città densamente popolate; la eliminazione dell'impatto acustico e visivo e la concentrazione dell'inquinamento dell'aria che poi potrebbe essere trattata e depurata; il recupero di ampi spazi per usi urbani, aree verdi e altre percorsi di mobilità locale (Ib.).
Il proponente (non si indica quale tecnico di ASPI nella Relazione finale) a queste sollecitazioni afferma che “l’ipotesi dell’interramento non è mai stata presa in considerazione” perché tecnicamente ed economicamente insostenibile. Dal punto di vista tecnico, le difficoltà maggiori riguardano la conformazione stessa delle due infrastrutture che si vorrebbero interrare. La presenza di numerosi svincoli (15 entrate/uscite distanti 500/800 metri l’una dall’altra) e l’intersezione con l’autostrada A13 rendono “l’idea del tunnel non fattibile, perché bisognerebbe realizzare una galleria che dovrebbe tornare in quota in prossimità delle singole uscite” con costi elevatissimi ed evidenti problemi di sicurezza (Ib.).
3. Incontri di progettazione
Prima dell’ultimo incontro tematico, il 12 ottobre, è stato organizzato un incontro suddiviso in 5 gruppi di progettazione, chiamato “laboratori di quartiere”. 45 su 59 candidati reclutati nella fase iniziale, hanno prodotto indicazioni progettuali specifiche per la mitigazione e l’inserimento paesaggistico dell’opera e le sue opere di adduzione, svincoli e rotonde, viabilità secondarie. I laboratori pare si siano svolti in un'ora (Lewanski, 2017, p. 15). Nei laboratori erano presenti anche i membri rappresentativi del Comitato di Monitoraggio (dirigenti e tecnici del proponente, Priolo e Orioli, Presidenti di quartiere). Inoltre, al fine di raccoglier proposte puntuali, sono stati organizzati incontri di micro-progettazione (21 settembre e 21 ottobre) attraverso sopralluoghi nelle aree interessate. Questi incontri non sono stati programmati e non sono visibili nel calendario, tanto meno sono stati pubblicati i verbali casomai esistessero (link 1).
La Relazione Conclusiva del Confronto Pubblico (Pillon, 2016) è stata presentata il 7 novembre in un incontro pubblico, di cui non ci sono verbali disponibili.
Nella relazione, sono menzionate non solo il rapporto del percorso, comprese le critiche al progetto dell'infrastruttura, ma anche le critiche attribuite alla sua modalità di svolgimento, comunicate al curatore negli incontri pubblici: "Da alcuni [comitati e consiglieri comunali] sono state inoltre criticate le modalità di attuazione del percorso, giudicate molto serrate, e i tempi di svolgimento, giudicati troppo brevi. Il confronto ha previsto una fase preliminare agli incontri sul territorio - in cui i cittadini hanno potuto prendere visione del progetto e preparare le proprie argomentazioni - e una fase intensa di discussione sul campo, nei mesi di settembre e ottobre 2016, che si è rivelata effettivamente molto impegnativa. Se da un lato, l’attività sul campo è stata serrata (circa 8 settimane), decisamente più lungo è stato il tempo dedicato alla fase preliminare di analisi e studio della documentazione. Questa è durata circa 6 settimane" [luglio e agosto] "rispetto alle 2 settimane previste dalle principali esperienze nazionali ed internazionali" (Ib.).
Infine, il 16 dicembre viene presentata la Relazione finale redatta dal Comitato di Monitoraggio in cui si recepiscono - anche dettagliatamente, in forma di accordo tra le parti - le varie proposte elaborate dal Confronto (MIT-b, 2016). La presentazione è avvenuta in Consiglio Comunale, di fronte ai media, impedendo fisicamente l'accesso a cittadini e comitati, nonostante l'invito pubblico apparso sul sito web (Lewanksi, 2017, p. 7).
Influence, Outcomes, and Effects
Rispetto agli obiettivi che si era dato il processo, individuare le misure di inserimento paesaggistico, di mitigazione del rumore e di integrazione a miglioramento delle connessioni viabilistiche locali e del verde urbano, si può ritenere, visto il verbale finale (MIT-b, 2016) che vi sia stato un quasi totale recepimento delle proposte che sono emerse dai laboratori di progettazione in cui erano presenti anche i proponenti. Anche se non ci sono i report né è indicato tale decisivo appuntamento nel calendario degli incontri. La modalità di trasferimento delle proposte dunque appare come del tutto arbitraria. Si tratta di interventi del valore di circa 170 milioni di euro per le mitigazioni e 90 milioni di euro per le opere di collegamento, ossia rispettivamente il 27% e il 13% del valore dell’investimento complessivo stimato di 650 milioni di euro.
Il progetto esecutivo è stato presentato il 13 gennaio 2017 ed è in corso la Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA), presso il Ministero dell’Ambiente.
Detto ciò bisogna rilevare che gli attori contrari inizialmente sono ancora sulle stesse posizioni ed esprimono forti critiche (attraverso i propri canali web, dossier, stampa locale, localmente con raduni, striscioni e volantini), non solo all’opera in sé, come già avveniva, ma ad esse si aggiungono anche quelle rispetto a come è stato organizzato il processo (Coordinamento, 2017; Lewanski, 2017). Sicuramente gli attori contrari cercheranno di ostacolare il progetto esecutivo in fase di VIA inoltrando osservazioni e verificando che non vi sia qualche vizio formale di procedimento. Inoltre si profila un aumento nel tasso già alto di sfiducia nei confronti della Pubblica Amministrazione e in particolare un peggioramento nella percezione pubblica dei processi partecipativi come possibili soluzioni alla crisi della rappresentanza democratica (Lewanski, 2017). Sarebbe interessante un'analisi delle posizioni e delle reazioni degli attori partitici per valutare un impatto a breve termine sull'assetto della rappresentanza politica e una stima delle dinamiche future.
Analysis and Lessons Learned
Il processo si è rivelato un confronto con approccio DAD (Decidi - Annuncia - Difendi) - parzialmente dissimulato - con una relativa quota di compensazione “negoziata”, in parte obbligatoria per legem (le misure di mitigazione acustica ad esempio) o perché relativa all’adeguamento funzionale (p.e. le opere di adduzione) e in parte facoltativa (p.e. le fascie alberate) o simbolica (il design architettonico di alcuni elementi come cavalcavia o sottopassi). Queste opere di mitigazione tra l’altro erano già state negoziate con il Comune, che le dava già per acquisite nel programma di mandato del 2016 [10].
Il momento negoziale principale si è concentrato nei cosiddetti “laboratori di quartiere”, consistenti in un incontro suddiviso in 5 gruppi di lavoro, contemporanei. Di questo momento mancano informazioni sull’appuntamento e il report. Se ne parla solo nella relazione finale. Non è dato conoscere pubblicamente chi fossero effettivamente i partecipanti, a parte la presenza dei proponenti in ogni gruppo e la durata dell’incontro. Si ravvisa una carenza informativa e una mancanza di trasparenza molto grave proprio nel breve e unico momento in cui nel processo era potenzialmente possibile negoziare qualcosa. Nelle fasi precedenti erano già stati motivati i dinieghi dei proponenti verso le proposte alternative (p.e. il quasi totale interramento, opzione zero) ed erano state date risposte concise agli aspetti critici dell’opera. Non restava, dopo aver difeso il progetto, di negoziarne, con alcuni non ben precisati “cittadini” (i delegati espressi dai tavoli di discussione negli incontri di presentazione), qualche misura di compensazione. Certamente è più facile per i proponenti di qualsiasi opera, farne digerire l’accettabilità pubblica, utilizzando approcci DAD - in questo caso ben mascherato da una disponibilità al confronto - quando si tratta di ampliamenti, rifacimenti, potenziamenti di opere già in essere. La disponibilità al confronto pubblico non ci pare sinceramente “un’importante innovazione al modello del Débat Public”, come è stato dichiarato dal curatore (Pillon, ib., p. 5 - 66); nell’approccio DAD si offre la disponibilità a sentire le obiezioni ma si pretende di rispondere con le proprie convinzioni, molto spesso richiamando dati tecnici e considerazioni oggettive. Ovviamente si genera una definizione della situazione e della realtà costruita dal potere che come tale è sempre decostruibile. Tuttavia tale approccio ha anche una sua pragmaticità, condensabile nella disponibilità dell’autorità (proponente) a metterci la faccia fino al punto di non perderla, ossia fino al punto in cui gli assunti o le considerazioni fatte non mostrino evidenti falle indifendibili. Non sembra che siano state ancora messe in evidenza carenze così gravi nel merito dell'opera da far perdere la faccia a coloro che l'hanno proposta, ma pare invece che gravi carenze siano emerse di più nel metodo qui esaminato.
I costi delle proposte di miglioramento recepite non sono però contabilizzati ed esposti nel verbale finale (MIT-b, 2016) e, visto il budget offerto inizialmente (MIT-a, 2016), non è chiaro se e come (con finanze ASPI o comunali) saranno realizzate. Non ci sono nemmeno impegni rispetto al monitoraggio della realizzazione dell’opera.
Il risultato raggiunto - nonostante le incertezze tipiche nel contesto delle amministrazioni pubbliche italiane - potrebbe essere considerato un guadagno per tutte le parti coinvolte - seppur non del tutto soddisfacente per i contrari - rispetto a quanto potrebbe essere accaduto se non si fosse organizzato il processo o se qualche attore (in particolare quelli contrari) avesse deciso di non parteciparvi. Visto che i rappresentanti dei comitati contrari, sia i loro esperti delegati, hanno partecipato agli incontri e sono stati anche integrati in due riunioni del comitato scientifico, così come sono state trovate persone disponibili a contribuire ai laboratori di quartiere, pare che anche i contrari abbiano implicitamente accettato il processo, cercando di ottenere qualche beneficio rispetto all’opzione non collaborativa e alla protesta. Ciò facendo può darsi che gli attori contrari abbiano ottenuto qualche risultato ma hanno anche legittimato de facto l’intera operazione, avvalorandone l’accettazione politica complessiva. Inoltre, i proponenti hanno ottenuto delle consulenze a costo zero fornite dai conoscitori dell'area (Lewanski, 2017, p.9). Sarebbe da verificare la comunicazione diffusa nel periodo che intercorre tra la sottoscrizione dell’accordo del 15 aprile (MIT-a, 2016) e le elezioni amministrative del 5 e 19 giugno (II turno), per analizzare il ruolo dei media locali e la strategia comunicativa degli enti territoriali politici. Potrebbe essersi manifestata l'opportunità (colta intenzionalmente o meno) di non far defluire troppo il dissenso al progetto su un eventuale (decremento di) consenso elettorale; in altre parole, prima delle elezioni era meglio tranquillizzare sulle buone intenzioni e ampio margine di empowerment del futuro confronto che veniva chiamato anche Dibattito Pubblico oppure era meglio non parlarne proprio. In seguito, un eventuale successo, come poi è avvenuto, è servito, in maniera strumentalizzante, per legittimare la scelta già presa e limitare i margini del dibattito ad un più semplice "confronto". Non è un caso che il relativo successo, nelle recenti elezioni, sia stato usato da Merola e PD anche come prova di legittimazione democratica del “Passante di mezzo” e dell’abbandono del Passante Nord (Marchetta, p. 158). E’ da notare che l’accordo è stato siglato il 15 aprile e parlava già di un "Confronto" pubblico ma non specificava il come si sarebbe svolto. Inoltre nel programma venivano dichiarate intenzioni partecipative, seppur molto generiche [10]. Infine nella competizione elettorale il tema del passante è una singola e importante questione che tuttavia si perde nel resto degli altri contenuti (ant)agonistici.
Si comprende perché sia stata del tutto ignorata dal proponente l'opportunità, facoltativa, di ricorrere alla legge regionale sulla partecipazione (l.r. n.3/2010), come già accennato. Essa infatti richiede che siano rispettati alcuni criteri di qualità. Il più evidente e importante è quello relativo alla fase di condivisione del percorso che prevede
l’organizzazione di un Tavolo di negoziazione (l.r.3-10 art. 13 c.1 l. c) fin dalle prime fasi del processo. La presenza del TdN è elemento necessario del processo partecipativo. La sua mancanza rende improponibile la proposta di accesso al sostegno regionale [11].
Non possiamo considerare il Comitato scientifico un suo surrogato. Al massimo poteva essere considerato un surrogato del Comitato di pilotaggio (art. 14) ma la totale arbitrarietà della sua composizione e l’assenza dei delegati degli attori contrari, ai primi due dei suoi quattro incontri, escludono anche questa possibilità, categoricamente. Ancor meno può essere considerato un surrogato di tale organismo il Comitato di Monitoraggio, nonostante il fuorviante appellattivo, composto soltanto dai proponenti e dalle autorità titolari della decisione. Non si vuole ovviamente disquisire su una questione nominalistica, si tratta invece della totale assenza di una fase di condivisione del progetto di percorso partecipativo con gli attori interessati alla questione e in particolare con gli attori contrari che non sono mai stati contattati e inclusi per definire il percorso e negoziare le sue modalità di svolgimento. Secondo la legge questo è un motivo sufficiente per determinare il non ottenimento della certificazione regionale [11].
Rispetto ad altri interventi critici (Coordinamento dei comitati, 2017) si evidenzia come senza una fase di condivisione del percorso chiara e documentata con gli attori non si possa in realtà parlare nemmeno di “processo partecipativo”, prima ancora che di empowerment, trasparenza, imparzialità e neutralità, dialogo, deliberazione, consenso. Se non c’è una fase di condivisione non c’è intesa sul percorso di confronto, dunque non c’è un processo partecipativo, ma solo un’operazione di comunicazione persuasiva e manipolativa, del tutto eterodiretta. Se ci fosse stata una condivisione sul percorso, nel senso che non si esclude a priori che i rapporti di forza non potessero essere esplicitati e di conseguenza elaborati dalle parti, sarebbe stato accettabile anche un percorso relativo soltanto al come realizzare le opere di mitigazione e/o soltanto alla gestione dei cantieri. Una seconda carenza grave (che sarebbe sempre richiesta dalla legge 3/10) è relativa ai metodi di conduzione, che non hanno previsto, nelle fase finali, modalità di conteggio delle preferenze di nessun tipo - ai fini di aumentare la rappresentatività del consenso sul risultato raggiunto - mentre si è optato per un trasferimento filtrato/arbitrario e poco trasparente di quanto sarebbe emerso nei laboratori di quartiere.
Comunque è sul primo aspetto critico (mancata condivisione del percorso) che si torna a esprimere il totale giudizio negativo sul progetto e si segnala anche come non siano nemmeno state accolte “modeste richieste di allungamento dei tempi” del percorso (Lewanski, 2017, p. 9); ormai di difficile accoglimento perché avanzate ovviamente solo a percorso avviato e programmato, visto che prima tale possibilità non era stata data. Si può ipotizzare che tale aspetto sia stato volutamente evitato per carenza di argomenti e di autorevolezza politica e culturale. Carenza imputabile anche al cosiddetto Comitato scientifico, di cui non sono accessibili i verbali, caso mai fossero stati redatti.
Questo giudizio non va solo ad incrementare la valutazione molto negativa già espressa da Lewanski (2017), ma vuole evidenziare come un criterio determinante la qualità di un processo partecipativo (in accordo con una legge - la 3/10 - che, sebbene facoltativa, dovrebbe essere un riferimento per le politiche partecipative per gli enti locali del territorio regionale) non sia stato rispettato, mettendo in secondo piano tutti gli altri criteri di progettazione-conduzione maggiormente negoziabili.
Ci si domanda perché non siano state avanzate richieste di mediazione al Tecnico di garanzia, sempre previste dalla legge 3/10 (art.15). Si segnala una perdita di opportunità che avrebbe potuto essere fatta valere dagli attori contrari nelle proprie comunicazioni pubbliche, qualora non fossero state accolte - anche solo parzialmente dai proponenti - le loro richieste di modifica del percorso. In generale, ci sembra che non sia mai stata citata la legge regionale 3/10 quale riferimento per la promozione della partecipazione e della qualità dei processi partecipativi e ci si chiede quali possano essere le ragioni.
Questo caso non fa che avvalorare la tesi già espressa (Mengozzi, 2015) in cui si mostra come in Italia e in particolare in Toscana e in Emilia-Romagna, che dovrebbero essere le due regioni più avanzate rispetto alla partecipazione pubblica, i processi territoriali che comportano allocazione di rischi (infrastrutture LULU - Locally Unwanted Land Uses) o sottrazioni di risorse (razionalizzazioni, privatizzazioni, tagli e cessazioni di servizi pubblici) evitino sistematicamente di confrontarsi con le popolazioni, limitandosi, quando va bene, ad accordi con le autorità locali.
Ciò dovrebbe allarmare visto che ci si accinge, in questi primi mesi del 2017, a revisionare la legge regionale 3/10 e a livello nazionale a replicare modelli di dibattito o confronto pubblico del tipo descritto.
See Also
Débat Public [Dibattito Pubblico]
References
[1] Inaugurazione della nuova Autostrada del Sole (A1) Milano-Bologna, 15/7/1959 > gazzettadimodena.gelocal.it/polopoly_fs/1.10077273.1412778466!/httpImage/image._gen/derivatives/gallery_978/image.
[2] Linee programmatiche. I valori e le scelte per il futuro della città, Bologna, 2004, p. 73. Si rimanda al corposo documento integrale per una descrizione delle numerose proposte orientate a potenziare la partecipazione e a sperimentare i principi della democrazia deliberativa (p. 70). > archivio.eddyburg.it/article/articleview/1577/1/41/ >
[3] La Repubblica Bologna, Merola: “Cittadini pagati per dire la loro e basta con le primarie-marmellata”, 14/12/10 > bologna.repubblica.it/cronaca/2010/12/14/news/merola_voglio_il_welfare_dell_orgoglio_e_basta_con_le_primarie-marmellata-10178511/ > link copia
[4] Confronto pubblico Passante di Bologna, Numeri > www.passantedibologna.it/il-percorso/numeri (ril. 28/2/2017).
[5] Comitato No Allargamento dell’Asse Autostrada-Tangenziale di Bologna - Storia > www.passantedimezzonograzie.it/index.php/chi-siamo
[6] Comitato per l'Alternativa al Passante Autostradale Nord di Bologna - Chi siamo > www.passante-autostrada-bologna.org/chi-siamo.html
[7] Egidio, G., Pd, lo strappo di Errani: "Lascio questo partito", La Repubblica Bologna, 22/2/2017 > bologna.repubblica.it/cronaca/2017/02/22/news/pd_lo_strappo_di_errani_lascio_questo_partito_l_addio_sara_a_ravenna-158917400/
[8] Marceddu, D., Terremerse, Errani assolto nell’appello bis: era accusato di falso ideologico. “Ho pagato un prezzo altissimo”, Il Fatto quotidiano, 21/6/16 > www.ilfattoquotidiano.it/2016/06/21/terremerse-vasco-errani-assolto-nell...
[9] Confronto pubblico Passante di Bologna, Comitato scientifico > www.passantedibologna.it/il-percorso/confronto (ril. 28/2/2017).
[10] Documento programmatico Virginio Merola 2016-2021, Andiamo Avanti, insieme, 21 maggio, 2016 > www.virginiomerola.it/wp-content/uploads/2016/05/merola-programma-2016-2...
[11] Regione Emilia-Romagna, Tecnico di garanzia per la partecipazione, Condivisione del percorso > partecipazione.regione.emilia-romagna.it/tecnico-di-garanzia/servizi/condivisione-del-percorso-1 > Criteri di qualità > partecipazione.regione.emilia-romagna.it/tecnico-di-garanzia/servizi/certificazione-di-qualita
[12] Il Corriere di Bologna, Il Passante di mezzo vuole correre Mezzo miliardo e cinque anni per farlo, 19/2/2016 > http://corrieredibologna.corriere.it/bologna/notizie/cronaca/2016/19-feb...
Bonora, P.(2004), Orfana e claudicante, l’Emilia “post-comunista” e l’eclissi del modello territoriale, Bologna, Baskerville.
Coordinamento dei Comitati contrari al Passante di Bologna (2017), Relazioni di Approfondimento al "Rapporto sul Passante Autostradale di Bologna. Un'opera inutile, dannosa e anacronistica", 18/2 > http://www.passantedimezzonograzie.it/index.php/informati/190-relazioni-...
Lewanski, R. (2016), La prossima democrazia, Dialogo, deliberazione, decisione, laprossimademocrazia.com
Lewanski, R. (2017), Il processo di “Confronto Pubblico” sul Passante di Bologna, Partecipazione imperfetta, partecipazione bugiarda o non-partecipazione? Elementi per una valutazione, in: Coordinamento dei Comitati contrari al Passante di Bologna e Associazione dei Cittadini di Bologna per la Mobilità Sostenibile > http://www.passantedimezzonograzie.it/doc/Valutazione%20Confronto%20Pubb... link copia
Marchetta, G.M. (2016), La partecipazione a Bologna. Il caso del Confronto Pubblico Passante di Bologna, tesi di laurea in Scienze Politiche, Università di Bologna.
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Pillon, A. (2016), Partecipazione e ascolto dei cittadini per raccogliere proposte su come migliorare il progetto di potenziamento del Nodo tangenziale e autostradale di Bologna, Confronto pubblico Passante di Bologna, 7/11 > www.passantedibologna.it/wp-content/uploads/2016/07/relazione-conclusiva... link copia
Provincia di Bologna (2003), PTCP, Studio di fattibilità per la riorganizzazione del sistema autostradale-tangenziale del nodo di Bologna, Cap.3 Il sistema autostradale tangenziale di Bologna.
External Links
- Confronto pubblico Passante di Bologna > www.passantedibologna.it [ril., 28/2/2017]
- Comitato No Allargamento dell’Asse Autostrada-Tangenziale di Bologna > http://www.passantedimezzonograzie.it ril., 28/2/2017]
- Comitato per l’Alternativa al Passante Autostradale Nord di Bologna > http://www.passante-autostrada-bologna.org [ril., 28/2/2017]